San Silvestro al Quirinale

La buona notizia di Nazaret

LA BUONA NOTIZIA DI NAZARET

Sentivo una persona dire: “Il papa sbaglia. Bisogna parlare del peccato non della misericordia”. È così? La risposta la troviamo nel vangelo della III settimana (24 gennaio: Lc 1,1-4; 4,14-21). «Venne Gesù a Nazaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore. Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”».

Gesù si trova a Nazaret nella sinagoga. Presenta la sua missione. Dice di essere venuto a portare “il lieto annuncio”, cioè il Vangelo. E questo Vangelo, che è rivolto ai poveri, ci annuncia che Gesù ha avuto la missione di liberare i prigionieri, dare la luce ai ciechi e rimettere in libertà gli oppressi. Non parla del peccato dell’uomo, parla del bisogno dell’uomo. Le sue prime parole non sono la condanna di Dio sul peccato. Gesù non svaluta i comandamenti. Sul peccato non fa sconti. Il peccato resta peccato. L’uomo però non ha bisogno di decreti. L’uomo ha bisogno di sentirsi Dio vicino. Per questo Gesù viene, si fa uomo. La Parola si fa carne su serio: Gesù cammina e suda, mangia e beve, piange e ride. E viene non a sbavare per entrare nelle case degli oppressori, ma in quelle degli oppressi. Entra nei palazzi di Erode e Pilato come un prigioniero, mentre nelle case di Zaccheo e Lazzaro entra come un amico. Nasce e muore. Ma muore per noi. Per me. I miei peccati io non li potrei mai cancellare. Lui allora se li carica sulla sua croce. Dovrei sentirmi come Barabba, cosciente di essere un sopravvissuto perché qualcuno ha dato la vita per me.

Papa Francesco dice che la Chiesa è un ospedale da campo, dove magari si amputa o si opera, ma non si dà la caccia al colesterolo. Ma alcuni vorrebbero trasformare l’ospedale da campo in una casa di correzione. Essi non volendo morire per gli altri come Gesù, fanno la predica al posto di Gesù. Naturalmente agli altri.

 

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